Intervista ad Antonio Amoroso
Qual è il suo ruolo in 5000genomi@VdA?
Il mio contributo e quello del mio team all’interno del progetto 5000genomi@VdA è di favorire e facilitare il trasferimento delle informazioni genetiche e genomiche dal laboratorio al medico. Infatti, uno dei compiti del genetista è proprio quello di fare da mediatore tra gli “scienziati” e i “clinici” grazie alla duplice formazione che abbiamo, sia per gli argomenti di natura strettamente “molecolare” che quelli medici. In questo senso, le nostre competenze di genetica e medicina faranno da trait d’union tra le fasi di ricerca di genomica e di rielaborazione dei dati tramite l’intelligenza artificiale, effettuate degli altri gruppi che lavorano al progetto, e la comunicazione corretta dei risultati agli specialisti che hanno in cura i pazienti.
Inoltre, ci poniamo l’obiettivo di raccogliere e analizzare il genoma di circa 500 soggetti sani che siano residenti in Valle d’Aosta e di cui siano note le origini valdostane. Questo ci permetterà di poter confrontare le variazioni genomiche che si riscontreranno nei soggetti con le diverse malattie in esame con quelle della popolazione sana di riferimento. Dai dati genomici attuali della popolazione valdostana potremo anche ricostruirne la storia genetica.
Qual è il contributo che l’Azienda Ospedaliero Universitaria (AOU) Città della Salute di Torino al progetto 5000genomi@VdA?
La Regione Autonoma Valle d’Aosta, favorendo e finanziando il progetto 5000genomi@VdA, ha offerto una grande possibilità al Sistema Sanitario locale di realizzare un servizio di grande qualità ed innovazione ai propri cittadini. In quest’ottica si inserisce anche l’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino come partner di riferimento per quanto riguarda la genetica medica e l’esperienza del Centro Regionale Trapianti Regione Piemonte e Valle d’Aosta. Data la grande ambizione scientifica del progetto, è fondamentale che ci siano al suo interno professionisti di vari ambiti che siano in grado di interagire e collaborare a più livelli, andando così a garantire il raggiungimento dei risultati stabiliti e a valorizzare al meglio le risorse, sia a livello economico che sociale.
Quale potrebbe essere un ulteriore beneficio per i pazienti grazie al vostro coinvolgimento?
Il nostro lavoro al Centro Regionale Trapianti consiste nell’analisi approfondita del DNA di pazienti che necessitano di un trapianto ma che hanno una diagnosi incerta di malattia (circa il 20-30% dei pazienti in lista d’attesa), ovvero non si riesce a determinare il reale motivo del fallimento d’organo. I temi della disponibilità di organi, della compatibilità tra donatore e ricevente e il costante aumento della richiesta di trapianti sono alcuni degli ostacoli da affrontare nella medicina del futuro: il nostro obiettivo è cercare di capire quali siano le principali cause genetiche che determinano una particolare predisposizione o suscettibilità di alcune persone al fallimento d’organo nell’arco della loro vita in modo da fare diagnosi precoce e prevenire l’eventuale necessità di un trapianto. Grazie al progetto 5000genomi@VdA potremmo individuare queste cause. Questo è un bell’esempio di come la medicina preventiva e predittiva, supportata da solide evidenze e studi scientifici, potrà in futuro avere un impatto diretto sulla salute e sulla qualità di vita delle persone.
Qual è l’impatto della genetica e della genomica nella predisposizione al trapianto e al fallimento d’organo? E quello dei fattori ambientali?
La medicina dei trapianti è, ad oggi, sempre più influenzata della genetica e della genomica: queste discipline sono classicamente implicate nello studio della compatibilità tra donatore e ricevente ma, se correttamente indirizzate, possono anche darci numerose informazioni sulla probabilità di un soggetto di doversi, in futuro, sottoporre ad un trapianto. Fondamentalmente, è lo stesso concetto di prevenzione che si applica a qualsiasi altra malattia. Sappiamo che ci sono delle mutazioni in alcuni geni che, da sole, possono influenzare la perdita delle funzionalità di un organo (le cosiddette malattie monogeniche) ma abbiamo ancora poche informazioni riguardo ad un approccio globale comprendente tutto il genoma. Quello che ci proponiamo di fare con il progetto 5000genomi@VdA è di ottenere un’immagine complessiva del nostro “catalogo di geni” e creare delle correlazioni tra le varianti genetiche, i fattori di rischio e i fattori ambientali nella predisposizione al fallimento d’organo. Per ottenere questi risultati, è fondamentale creare un database, univoco per ogni paziente, che comprenda sia la “carta d’identità genomica” che i dati clinici, le abitudini e gli stili di vita dei pazienti.